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Chiediamo la liberazione di Aung San Suu Kyi e del popolo birmano Posta in arrivo Francesco Errani

In queste ore, ascoltiamo notizie drammatiche dal Myanmar.

Dopo il colpo di stato del 1 febbraio, avvenuto poche ore prima dell'insediamento del nuovo Parlamento nato dalle elezioni politiche dell’8 novembre scorso, i militari stanno stritolando il popolo birmano e lo stato di diritto. Molti arresti, incarcerazioni di massa, ordine alle forze armate di sparare sui manifestanti, oscuramento di internet, interruzioni della telefonia.

Nel Paese, sta crescendo la disobbedienza civile, con anche atti di obiezione di coscienza.
Credo importante intervenire, oggi, in tutti i modi possibili e a tutti i livelli, per chiedere la liberazione degli arrestati e il ritorno alla democrazia come è scritto nella dichiarazione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU del 4 febbraio.

L'Esercito del Myanmar sta sequestrando un intero paese e credo importante condannare il golpe, sostenere la nostra concittadina Aung San Suu Kyi e il popolo birmano.

Aung San Suu Kyi

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Il dramma dei Balcani: sosteniamo la proposta dall'agenzia Dire di tappezzare le strade delle città con le immagini dei migranti

A pochi km dai nostri confini, le condizioni di migranti e richiedenti asilo bloccati lungo la rotta balcanica sono disumane e inaccettabili.

È urgente un intervento della comunità internazionale per garantire un'accoglienza dignitosa e sicura.

Grazie a una iniziativa del collega Federico Martelloni, il Consiglio comunale lunedì scorso ha chiesto con un Ordine del giorno di aprire corridoi umanitari per consentire ai profughi di raggiungere l'Europa.

In questi giorni, gli europarlamentari Bartolo, Benifei, Majorino e Moretti hanno visitato i campi profughi sul confine bosniaco-croato per chiedere il rispetto dei diritti umani alle frontiere dell'Unione europea e riportare direttamente a Bruxelles le condizioni di vita dei migranti bloccati alla frontiera.

Il dramma dei Balcani

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Per la liberazione di Aung San Suu Kyi e del popolo birmano

Per la liberazione di Aung San Suu Kyi e del popolo birmanoIeri, i militari hanno ripreso il potere in Myanmar, dopo aver dichiarato lo stato di emergenza.

Dobbiamo sostenere il rispetto della legalità in Birmania e della volontà popolare, e chiedere l'immediata liberazione Aung San Suu Kyi e di tutti gli altri prigionieri politici.

Aung San Suu Kyi è agli arresti domiciliari. Molti altri arresti sono ancora in corso: il Presidente della Repubblica, il Governo e il Parlamento, il Ministro degli Stati Etnici, i collaboratori di Aung San Suu Kyi, attivisti del partito della Lega Nazionale per la Democrazia, capi del movimento degli studenti. Un golpe in piena pandemia. Il nuovo Presidente del Myanmar è il capo dell’Esercito Generale.

Il popolo è come sequestrato: bloccati i telefoni, le tv salvo quella dei militari, internet, chiuse le banche. In molte zone del Myanmar la gente non sa nulla di quello che sta accadendo.

Il Myanmar è stato controllato dai militari dal 1962, anno del golpe che ha instaurato la dittatura dei generali. Nel 1990 Aung San Suu Kyi è stato posta agli arresti domiciliari per la sua attività di opposizione al regime e richiesta di libera elezioni. Colpito da sanzioni internazionali, nel 2008 I militari hanno iniziato a cedere, concedendo timide aperture. Una transizione democratica è iniziata nel 2011, con le elezioni che hanno visto trionfare Aung San Suu Kyi e il suo partito. Adesso il Paese è di nuovo sotto il controllo dei militari.

La comunità internazionale sta reagendo e chiede il rilascio degli arrestati.

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5 anni senza Giulio Regeni

Era il 25 gennaio 2016, l'ultimo giorno di un giovane ricercatore italiano, ucciso e torturato in Egitto. Giulio Regeni aveva 28 anni ed era un dottorando dell’Università di Cambridge. Il suo corpo, con i segni di innumerevoli torture, venne trovato nove giorni dopo, il 3 febbraio, abbandonato al lato di una strada.

A Giulio sono stati violati tutti i diritti umani, compreso il diritto ad avere verità.

A cinque anni dall'assassinio di Giulio, la verità è ancora lontana, nonostante il grande lavoro della magistratura italiana. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato che "l'azione della Procura della Repubblica di Roma, tra molte difficoltà, ha portato a conclusione indagini che hanno individuato un quadro di gravi responsabilità”. È stata fissata al 29 aprile prossimo l'udienza preliminare davanti al gup di Roma per i quattro agenti dei servizi segreti egiziani accusati del sequestro, delle torture e dell'omicidio di Giulio Regeni. Nei loro confronti, le accuse sono di sequestro di persona pluriaggravato al concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate.

5 anni senza Giulio Regeni

Da parte sua, però, l’Egitto ha deciso di non collaborare con le autorità italiane e non processerà i rapitori e gli assassini di Regeni, che giudica “ignoti”.

In occasione dell'anniversario, il caso di Giulio Regeni viene discusso oggi nel Consiglio Esteri dell’Unione Europea e la speranza è che i Ministri UE decidano per nuove iniziative che permettano di arrivare finalmente alla verità.

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L’inverno dei migranti sulla rotta balcanica

L’inverno dei migranti sulla rotta balcanicaNon solo il Mediterraneo, c'è anche la rotta balcanica tra le vie d'ingresso in Europa di migranti e richiedenti asilo. Nel corso degli ultimi cinque anni, sono state centinaia di migliaia le persone fuggite dai loro Paesi in difficoltà, a causa di guerre o persecuzioni. Dal 2018, il passaggio su questa rotta termina spesso in Bosnia, dove attualmente le stime parlano di circa 9mila tra migranti e richiedenti asilo ospitati in cinque campi: due vicino a Sarajevo e tre nel cantone di Una - Sana. Si tratta di intere famiglie, uomini e donne, ragazzi e minori non accompagnati provenienti da Afghanistan, Pakistan, Siria e Iraq.

Le condizioni per migranti e richiedenti asilo bloccati lungo la rotta balcanica sono disumane e inaccettabili. Circa 900 persone vivono in campi e alloggi di fortuna nella zona di Lipa, in Bosnia, sottoposti alle rigide temperature invernali che scendono fino a 10 gradi e in piena emergenza umanitaria. La situazione è disperata ed è urgente un intervento della comunità internazionale, il prima possibile, per garantire un'accoglienza dignitosa e sicura, per sviluppare un sistema che tuteli la vita e i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo.

Se non vogliamo essere complici di questa strage a pochi km dai nostri confini, è importante non abbandonare i migranti senza riparo e al gelo.

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Il piano freddo per le persone senza dimora

Il primo dicembre è scattato il Piano Freddo del Comune di Bologna, attuato da Asp Città di Bologna in collaborazione con il Consorzio l’Arcolaio.

Sono 234 i posti che, sommati all’accoglienza ordinaria che Bologna mette a disposizione durante tutti i mesi dell'anno, raggiunge i 600 posti a disposizione per le persone senza dimora. Di giorno, durante il Piano Freddo, è garantito un riparo dal lunedì al venerdì nei locali dei Laboratori di comunità e il sabato e la domenica nella sala multifunzionale del centro accoglienza Beltrame.

Parliamo degli "ultimi", persone con problematiche legate alle dipendenze ma anche donne e uomini in situazione di povertà relazionale ed economica, come conseguenza anche della crisi economica e sociale.

Bologna, con il Piano Freddo e il sistema di accoglienza, ha costruito negli anni una rete di sostegno e solidarietà in cui tutti, attori istituzionali, parrocchie e mondo del volontariato, si sono attivati per dare una possibilità di rifugio e riparo per persone senza rete e alloggio. Le attività vanno dalla distribuzione di generi alimentari, pasti caldi, coperte e vestiti, a informazioni, accompagnamento alle strutture e accoglienza presso i dormitori. La rete non è solo un buon esempio, ma una buona pratica (una buona politica).

Al Piano Freddo, ad oggi 18 gennaio 2021, hanno fatto ingresso 233 persone. Di queste 8 sono anziani, 20 giovani adulti (18-25 anni) e 203 sono adulti. 63 persone sono cittadini italiani.

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