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Ius soli è una legge di civiltà: chi cresce in Italia è italiano

Gentile Presidente, condivido la proposta del nuovo segretario del Partito democratico Enrico Letta: è importante fare ogni sforzo per approvare la legge sullo Ius soli entro fine legislature. Una legge che consentirebbe di dare la cittadinanza italiana a ragazzi nati in Italia, figli di cittadini stranieri, o arrivati qui prima di aver compiuto 12 anni, con alle spalle almeno cinque anni di scuola nel nostro paese. Sono più di 800 mila in Italia.

Ius soli è una legge di civiltà: chi cresce in Italia è italianoUna riforma necessaria per chi è nato o cresciuto in Italia. Lo Ius culturae e lo Ius soli consentirebbero a chi è entrato in Italia entro il dodicesimo anno di età e ha frequentato per almeno cinque anni la scuola italiana e a chi è nato in Italia da genitori stranieri, di essere riconosciuto finalmente come cittadino italiano, con pieni diritti e pieni doveri.

Dobbiamo superare i calcoli elettorali, è una legge di civiltà che va fatta, soprattutto perché è rivolta alla parte più debole della nostra società: bambine e bambini che, pur essendo nati da genitori stranieri, si sentono italiani e frequentano le nostre scuole insieme ai nostri figli. Una legge che risponde alle nuove esigenze che la società ci pone davanti.

Riconosciamo diritti ma anche responsabilità, diritti ma anche doveri che aiutano l'integrazione.

Il Governo e il Parlamento devono occuparsene, perché è in gioco il futuro di tante ragazze e ragazzi nati in Italia. E credo che, anche su questo tema, sia importante il ruolo delle città: a Bologna, un quarto dei nuovi nati (722) nel 2020 sono figli di cittadini stranieri, 306 (2020) hanno invece un genitore italiano e uno straniero. Sono quasi 10mila i giovani che frequentano le nostre scuole a Bologna, bambine e bambini (4.300, tra 0 e 5 anni), e ragazze e ragazzi (5.400, tra 6 e 14 anni).

La normativa italiana sulla cittadinanza è attualmente una delle più rigide d'Europa. Dobbiamo togliere dal limbo circa 800mila bambini e giovani che oggi vedono pregiudicata la possibilità di sentirsi a tutti gli effetti cittadini del nostro Paese. Riconoscere a bambini, italiani di fatto ma non di diritto, la cittadinanza significherebbe farli crescere con una consapevolezza di integrazione che andrebbe a contrastare il senso di incomprensibile esclusione che oggi molti di loro vivono.

Chi cresce in Italia è italiano, è una legge di civiltà che guarda al futuro.