Una "rete civica" per l'integrazione

CIE Bologna fonte: www.radiocittafujiko.itDa CIE (Centro di Identificazione ed Espulsione) con condizioni di vita (e di lavoro) inaccettabili, a Hub regionale dove fare vera accoglienza per profughi e richiedenti asilo. Quella per la chiusura del Cie di Bologna è stata una delle battaglie più intense durante il mandato precedente.
Oggi il Prefetto propone di trasformare l’Hub di via Mattei in un CAS (Centro di Accoglienza Straordinario) in grado di ospitare 200 persone, una struttura che rischia di non permettere nessuna integrazione e autonomia possibile.

Bologna in questi anni ha costruito un progetto di accoglienza diffusa che garantisce diritti e umanità a chi ha bisogno di protezione. Un esempio per tutta Italia e non solo, anche l’Europa ha riconosciuto l’impegno della Regione Emilia-Romagna e della Città metropolitana di Bologna a costruire un modello di accoglienza diffuso in grado di essere dignitoso per tutti (sia per chi arriva che per chi accoglie). Gli ospiti dell’Hub di via Mattei in breve tempo sono accompagnati in strutture di seconda accoglienza presenti su tutto il territorio regionale e il bando Sprar della Città metropolitana di Bologna permette di superare la logica emergenziale: tutti gli enti locali partecipano al sistema di accoglienza.

https://www.bolognacares.it/

È difficile quindi comprendere la scelta del Prefetto di chiudere l’esperienza dell’Hub regionale per trasformarlo in un CAS, anche perché questi centri non hanno mai funzionato: bisogna evitare nuove sofferenze, nuove violazioni dei diritti, ulteriore spreco di denaro. Il rischio è di rendere la nostra città non solo più insicura, ma anche più disumana e ingiusta.

Bologna non può e non deve tornare indietro.

Anche a Bologna possiamo organizzare una “rete civica” per l'integrazione delle persone migranti espulse dagli Sprar e dai CAS: le istituzioni locali, insieme ai cittadini, al mondo del volontariato e della buona cooperazione, devono impegnarsi per continuare a fornire servizi di orientamento, formazione e informazione. Serve un investimento politico e di risorse, per affiancare e riempire il CAS con iniziative educative, culturali, formative e sociali.
Dalle città e da Bologna può partire una battaglia di civiltà, un esempio per dimostrare come sia possibile fare politiche e azioni concrete di accoglienza e di cittadinanza per tutti. Un idea di città inclusiva, in grado di promuovere responsabilità diffusa e partecipazione dei cittadini.