Bologna, ennesimo suicidio in carcere

Bologna, ennesimo suicidio in carcereSono numerosi i detenuti che tentano il suicidio e che vengono salvati dagli agenti di polizia penitenziaria o dai compagni di cella, senza che la cosa faccia troppo notizia. 
Sono 889 le persone che, dal 2000 ad oggi, si sono suicidate in carcere in Italia.
Dal 2011 ad oggi, nel carcere della Dozza di Bologna, sono 3 le morti per suicidio. Dopo la morte di un uomo a novembre 2011 e di un ragazzo domenicano di 30 anni a novembre 2012, mercoledì un detenuto di 28 anni rumeno si è suicidato, impiccandosi alla porta del bagno della sua cella nel reparto di infermeria. È l'ennesimo dramma al quale purtroppo siamo ormai abituati. 
La situazione del sistema carcerario italiano, di fronte al sovraffollamento e al calo di risorse, è drammatico. All'interno della Casa Circondariale di Bologna, la capienza di 494 detenuti è abbondantemente superata dalle 760 presenze. Per la Garante regionale Desi Bruno: "Il momento che segue la convalida dell'arresto o dell'esecuzione della custodia cautelare è il più critico, perché vengono a mancare tutti i punti di riferimento, tutti i destinatari di provvedimenti dovrebbero essere sorvegliati a vista nei primi giorni di detenzione".  Ma il personale di Polizia Penitenziaria è sempre meno e gli educatori in servizio sono 5 per 760 detenuti (100 in più dell'anno scorso). L'Ausl continua a non avere nessuno psicologo per il sostegno dei detenuti non tossicodipendenti.
Il carcere non è extraterritoriale, è parte della città di Bologna.
 
Il Comune di Bologna, durante questo mandato, ha riattivato lo Sportello del cittadino dentro il carcere, che offre un servizio di rilascio della documentazione anagrafica. Abbiamo ripristinato all’interno del carcere cittadino la figura dell’assistente sociale che garantisce il collegamento “tra dentro e fuori”, tra il detenuto e la città, supportando i detenuti negli ultimi 6 mesi di detenzione e nei primi mesi di libertà, per favorirne il reinserimento sociale ed evitare le recidive. Abbiamo riattivato il Comitato Locale per l'esecuzione penale per mettere in rete tutte le risorse e esperienze già attive e che possono attivarsi.
 
L’esperienza del carcere deve proporsi come un tempo di riprogettazione di vita.
Ci sono alcuni progetti all'interno del carcere della Dozza che confortano questa prospettiva: l'esperienza musicale del coro diretto dal maestro Napolitano; il laboratorio sartoriale, operante all’interno della sezione femminile, che offre la possibilità alle detenute di imparare un mestiere; il laboratorio per il trattamento di materiali elettronici, in collaborazione con l'azienda Hera; l'officina meccanica promossa dalle imprese metalmeccaniche bolognesi IMA, GD e Marchesini Group.
 
Da parte nostra, occorre valorizzare queste esperienze e moltiplicarle: i servizi, le piccole cooperative per l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate, il volontariato, l'Università. Serve un impegno attivo delle istituzioni, una collaborazione con le realtà economiche, le cooperative sociali e le associazioni di volontariato. Occorre che il carcere possa essere vissuto come dovere, ma anche come diritto di pagare per un’azione ingiusta commessa nei confronti della società, di cui si è però legittimamente ancora parte, e c’è la necessità che anche questa esperienza drammatica lasci intravedere una prospettiva, un futuro possibile.