Question Time, chiarimenti sull'apertura di una "sezione nido" in carcere

Question Time, chiarimenti sull'apertura di una "sezione nido" in carcere

L'assessora Susanna Zaccaria ha risposto questa mattina, in sede di Question Time, alla domanda d'attualità del consigliere Francesco Errani (Partito Democratico) sull'apertura di una "sezione nido" nella Casa circondariale di Bologna.

La domanda del consigliere Errani:

Gentile Assessora,
oggi, nella sezione femminile della Casa circondariale di Bologna, viene inaugurato una "sezione nido" che potrà ospitare fino a due donne con bambini.

Nel 2019 sono entrati nelle carceri dell'Emilia-Romagna 15 bambini (9 a Bologna), con una permanenza che è andata da poco meno di una settimana a dieci mesi. Nel 2020, sono entrati in carcere 11 bambini (7 a Bologna), con una permanenza da 1 a 33 giorni. Nel 2021, 4 bambini, tutti a Bologna.

Gentile Assessora, l'ingresso di bambini nelle strutture penitenziarie è allarmante e incompatibile con i diritti sanciti dalla convenzione Onu sull'infanzia, essendo la situazione detentiva incompatibile con la vita di un bambino, incompatibile con il miglior sviluppo psico-fisico di un bambino.

Question Time, chiarimenti sull'apertura di una "sezione nido" in carcere

Il Garante di Bologna ha espresso “grave perplessità circa la coesistenza con l'articolazione per la tutela della salute mentale per donne con pertinenza psichiatrica”, anche se i locali saranno più a misura di bambino di quanto accada oggi (per quanto possibile, quindi, una situazione migliore di una cella). Il Garante sottolinea, inoltre, come “la soluzione migliore resta la casa famiglia protetta”.
Le Case famiglia protette sono istituite dalla legge 62/2011. Il decreto Severino dell’8 marzo 2013 chiede di evitare l'ingresso di bambini nelle strutture penitenziarie e definisce i requisiti delle “case famiglia protette”. La legge di bilancio ha stanziato 4,5 milioni di euro per i prossimi tre anni 2021-23, anche se siamo ancora in attesa dei decreti attuativi e delle risorse che devono permettere di far uscire dalle carceri italiane tutti i bambini detenuti, dando alle loro madri la possibilità di scontare la pena in misura alternativa.
Per la realizzazione delle case famiglia protette è necessario anche l'impulso degli enti locali, in convenzione con il Ministero di Giustizia. Dal 2011, in questi dieci anni, solo a Milano (nel 2016) e a Roma (nel 2017) sono state aperte due “Case-famiglia protette”, grazie all'impegno, anche economico, delle associazioni e del Terzo settore.

Milano e Roma sono esperienze di successo che assicurano un sereno sviluppo dei bambini, con anche laboratori aperti alla cittadinanza per abbattere pregiudizi e barriere culturali. La Casa di Leda, a Roma, è anche una struttura confiscata alla mafia. A Milano, è un ex edificio scolastico.
In Emilia-Romagna, l'Amministrazione penitenziaria, in mancanza di soluzioni “esterne” da parte di Regione e Comuni, ha realizzato una soluzione “interna” al carcere (due mini appartamenti), una soluzione almeno più dignitosa rispetto a una sezione ordinaria, che corrispondeva a una cella con l'allestimento del lettino per i bambini.
Gentile Assessora, credo urgente, con il coordinamento e la regia della Regione, realizzare una struttura esterna al carcere, una “case-famiglia protetta”, che possa ospitare madri con bambini, anche in collaborazione con il privato sociale che già accoglie minori in difficoltà, per garantire un riferimento abitativo alle madri in esecuzione penale con bambini e un progetto educativo per la tutela dei diritti dei minori.

Serve un progetto educativo e sociale, come accade a Roma e Milano. Uno sforzo anche a livello locale, a Bologna, con operatori qualificati e percorsi personalizzati.
Il rischio, oggi, è di incentivare la permanenza in carcere di madri con bambini da parte della Magistratura, una prospettiva desolante per Bologna.

Oggi dimostriamo di non essere una città inclusiva, attenta ai diritti, soprattutto dei bambini.
Dobbiamo assicurare almeno la scuola ai bambini, con personale educativo qualificato, valorizzando anche la risorsa del mondo del volontariato di Bologna. Le esperienze di Roma e Milano dimostrano che le “case-famiglia protetta” funzionano al meglio quando sono in rete con i servizi territoriali. L'esperienza delle Case famiglia protette dimostra che è possibile bilanciare i diritti con l'esecuzione penale, dando alle detenute madri la possibilità di scontare la pena promuovendo, al tempo stesso, un processo che vede il ricorso al carcere come ultima ratio, e che garantisce un percorso di autonomia, crescita e di genitorialità consapevole alle madri. E garantisce diritti ai bambini, il diritto di fare colazione la mattina in un ambiente dignitoso, di passeggiare fino a scuola, di giocare con gli amici del quartiere.
Oggi in Piazza Maggiore, a Bologna, si parla di diritti, cultura e politica.
Perché a Milano e Roma è possibile un luogo 'delle seconde possibilità', mentre a Bologna no? Il Comune di Bologna erano informato da almeno due anni del progetto, perché non si è costruito un progetto alternativo, una “casa famiglia protetta” in convenzione con Regione e Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP)?

 

La risposta dell'assessora Zaccaria:

"Grazie al consigliere Errani e alla consigliera Clancy che mi danno la possibilità di dire cosa penso su questa apertura. Intanto non è un asilo nido, è stato chiamato nido, ma è una sezione nido, due camere con luoghi a misura di bambino compresa una ludoteca e un giardino. Dico questo per non equivocare rispetto a quello che noi intendiamo come apertura di asili nido. Dunque non è un asilo nido, è una sezione nido, cioè una sezione separata all'interno del carcere, a misura di bambino. In premessa ci tengo a dire che sono assolutamente d'accordo con tutte le osservazioni che ha messo in luce il consigliere Errani, ma credo condivise anche dalla consigliera Clancy. Dal mio punto di vista i bambini in carcere non ci dovrebbero mettere neanche un piede e stare neanche 5 minuti. Pre pandemia avevamo già valutato rispetto alla normativa esistente delle soluzioni molto difficili da trovare per i requisiti che i luoghi devono avere, ma che ora, a una ripresa di una condizione più normale, se mi passate il termine, vanno assolutamente perseguite. La strada principale deve essere l'obiettivo fermo e specifico che i bambini in carcere non ci devono andare. Posto questo però mi sento di dare una visiona un po' più pragmatica, come l'ha definita il nostro Garante, e se andate a leggere il contenuto della sua nota, che abbiamo ampiamente condiviso, gli obiettivi sono chiari per tutti.

Il consigliere Errani ha dato dei numeri molto precisi di presenza dei bambini. Temporaneamente, in attesa che si cercassero soluzioni per le madri, i bambini stavano in cella. Io non mi sento per niente né di criticare né tanto meno di considerare né un incentivo né una giustificazione il fatto di farli stare in carcere, la direzione del carcere si è impegnata molto, gli spazi sono più che adeguati, sembra di stare in una casa, non posso criticare che l'amministrazione del carcere si sia impegnata per creare luoghi adatti. Se un bambino li ci deve stare, nell'attesa, se i bambini richiamati dal consigliere Errani avessero potuto trovare questi luoghi sarebbero stati molto meglio che non in una cella. Io trovo assolutamente opportuna questa azione perché nei fatti non siamo ancora riusciti a trovare le giuste soluzioni che dobbiamo a tutti i costi perseguire. Voglio essere molto chiara su questo punto. Se domani, però, il bambino con sua mamma entra alla Dozza, trova una camera con la ludoteca, la cucina, anziché stare in una cella, ribadisco, non mi sento di criticare e soprattutto, dato che non è certo l'amministrazione carceraria che deve trovare delle soluzioni alternative, qui dobbiamo fare autocritica noi che non siamo riusciti negli anni scorsi e l'obiettivo che abbiamo sono quelle esperienze di altre città, penso che si debba fare tutto il possibile perché visto che nei fatti questi bambini ci vanno, credo che dobbiamo garantire delle condizioni che non siano assolutamente quelle di stare in una cella.

Vi dico anche che la dottoressa Pepe insieme al personale dell'Area ha fatto un sopralluogo questa settimana e che c'è comunque l'idea di ragionare su una progettazione, anche questa temporanea, in attesa che si arrivi ad avere un luogo completamente esterno, senza che passino neanche mezza giornata, lo dico perché non voglio essere equivocata su questo, ma nelle more dovremmo fare partire una progettazione per cui se ci sono dei bambini che anche solo temporaneamente rimangono con la mamma, possano comunque uscire e magari usufruire dei nostri servizi, migliorando comunque la loro qualità della vita, consentendogli la frequentazione anche con altri bambini, quindi evitandogli l'isolamento, ricordate sempre che tutte le progettazioni legate al carcere sono comunque molto complesse, perché dipendono dalla condizione giuridica della madre, da chi può entrare in carcere a prendere i bambini; necessariamente sarà una collaborazione anche col privato sociale, coinvolgendo le associazioni che già fanno volontariato in carcere.

Quindi non credo che noi, comune e carcere, siamo esentati dal migliorare il più possibile le condizioni finché non saremmo in grado di arrivare alla soluzione ottimale. Non condivido che questo sia una spinta a lasciarli lì di più, non è concepibile, dobbiamo trovare delle soluzioni alternative, ma finché questo non sarà, è assolutamente positivo tutto quello che migliora le condizioni di vita dei bambini che anche solo per un giorno non devono assolutamente stare in cella.

Questo è il mio pensiero, ho condiviso con il dottor Ianniello il contenuto della sua nota che sostanzialmente parla di riduzione del danno, fatte tutte le premesse che oggi ho riportato qui a voi. Faccio veramente fatica a viverla come una azione negativa da parte della direzione del carcere che invece mi sento di ringraziare perché mi trovo assolutamente opportuno. Dopo di che, visti i fondi, la normativa, è un onere che spetta anche a noi quello di trovare una soluzione permanente alternativa e avere come obiettivo quello che i bambini in carcere non vadano."