Ius culturae: una legge di civiltà

Ius culturae: una legge di civiltàÈ una legge, quella sul diritto alla cittadinanza per i figli nati da cittadini stranieri, che avvicinerebbe l’Italia ad altri paesi europei come Germania, Francia e Regno Unito.

Il dibattito sullo Ius culturae, ripreso con il nuovo Governo, è una priorità politica per il nostro Paese. A pagare il prezzo più alto, come sempre, rischiano di essere i più piccoli e i più deboli. È una legge di civiltà che riconosce diritti ma anche doveri e responsabilità a giovani che si sentono italiani e a cui noi, con ostacoli e cavilli, ogni giorno ricordiamo di non essere graditi.

A Bologna, sono oltre 8.000 i bambini nati sotto le Due Torri da genitori stranieri che potrebbero diventare “nuovi cittadini bolognesi” se la legge diventasse realtà. Sono compagni di banco dei nostri figli, ragazzi e ragazze che si sentono “italiani” e che frequentano le scuole della nostra città, ma che sui documenti continuano ad essere cittadini stranieri. Questi ragazzi vivono nello stesso contesto scolastico dei nostri giovani, parlano l’italiano, studiano la storia d’Italia, sono figli di cittadini stranieri regolari che lavorano e pagano le tasse in Italia.

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Silvia Romano, da dieci mesi prigioniera, compie 24 anni

Silvia Romano - fonte: www.tpi.it

Ha compiuto 24 anni la cooperante italiana sequestrata in Kenya il 20 novembre 2018. Credo sia importante che anche il Consiglio comunale di Bologna lanci un messaggio di vicinanza e di solidarietà alla famiglia di Silvia Romano. In Kenya, la giovane era volontaria per una Ong, per portare un aiuto concreto in Africa e inseguire le sue aspirazioni umane e professionali.

Non dobbiamo permettere che il rapimento di Silvia finisca per essere dimenticato.

La speranza è che Silvia possa tornare presto libera.

Accoglienza e integrazione migranti: Bologna deve riaprire l'Hub di via Mattei

Hub regionale di via MatteiL’11 giugno 2019, la scelta del Prefetto di Bologna di chiudere l’esperienza dell’Hub regionale di via Mattei, con la scusa di dover effettuare lavori di ristrutturazione straordinaria, ha creato sofferenze e violazioni dei diritti: una violenza verso le persone migranti e verso i lavoratori. Solo grazie alla rete tra centri sociali, operatori dell’accoglienza, sindacati, associazioni di volontariato e cittadinanza di Bologna, è stato impedito l’inumano trasferimento di 188 persone in una struttura inadeguata all’accoglienza e all’integrazione sociale. L’obiettivo era di smantellare il sistema di accoglienza diffusa che a Bologna crea integrazione e garantisce diritti e umanità a chi ha bisogno di protezione, grazie al sistema Sprar, il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, e che permette di superare la logica emergenziale e di coinvolgere tutti gli enti locali del nostro territorio e la comunità.

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Un porto sicuro per i profughi della Mare Jonio

mare jonio ansaLa nave Mare Jonio è per la quinta notte in mare con 34 migranti al largo di Lampedusa. Negli scorsi giorni sono stati portati al sicuro 64 naufraghi, tra cui donne e 22 bambini, dopo che l'Ong Mediterranea Saving Humans aveva lanciato l'allarme sanitario. Ma le condizioni igienico sanitarie dei sopravvissuti, ventotto uomini e sei donne rimasti a bordo, sono drammatiche. Come anche molto grave è la situazione psicofisica di persone che fuggono da guerre e povertà.

Si tratta di una situazione umanitaria gravissima, una vera e propria tortura, e credo importante che anche il Consiglio comunale di Bologna possa fare appello alle autorità affinché permettano alla Mare Jonio di attraccare in un porto sicuro, per garantire i diritti umani. L’obbligo di salvataggio delle vite in mare costituisce un dovere degli Stati e la nostra Costituzione dice chiaramente che il diritto internazionale prevale sulla follia del Decreto Sicurezza bis che tiene in ostaggio persone in mezzo al mare e che deve essere cancellato dal nuovo Governo.

Adesso fateli sbarcare.

Questi uomini e donne devono scendere a terra, non possono più aspettare.

Sovraffollamento: il carcere della Dozza è al collasso

Sovraffollamento: il carcere della Dozza è al collasso
È drammatica la situazione del sistema carcerario italiano
. Di fronte al sovraffollamento e al calo di risorse siamo oltre l'emergenza, il sistema è al collasso. All'interno della Casa Circondariale di Bologna, la capienza di 500 detenuti è abbondantemente superata dalle 855 presenze, di cui 73 donne e 451 stranieri. Circa il 40% sono detenuti in attesa di giudizio e le condizioni igienico-sanitarie sono drammatiche sia per chi lavora che per chi è detenuto. Un terzo dei detenuti oggi in carcere alla Dozza ha problemi legati alle tossicodipendenze, quindi a reati connessi legati all'uso di sostanze. La detenzione dovrebbe essere l'estrema ratio mentre oggi è la normalità, quando la maggioranza dei reati potrebbe prevedere invece la domiciliazione o la presenza presso strutture sanitarie.

In questi anni nelle carceri italiane sono aumentati suicidi e autolesionismi, e sono numerosi i detenuti che tentano il suicidio e che vengono salvati dagli agenti di polizia penitenziaria o dai compagni di cella, senza che la cosa faccia troppo notizia. Il 19 giugno 2019 nel carcere bolognese della Dozza un detenuto si è tolto la vita ed è finito nelle statistiche di un dramma, al quale siamo purtroppo ormai abituati. Questa morte pesa come una piuma nella coscienza collettiva e non basta certo a convincere i benpensanti che uno stato democratico ha il dovere di garantire condizioni di vita dignitose anche in un luogo di restrizione. Il carcere non dovrebbe infatti punire, ma rieducare. Per cercare di capire, non riesco a non prendere prima di tutto in considerazione la domanda: lasciar morire non è forse un modo, anche se non voluto e sicuramente più nascosto, di dare la morte? La Costituzione della Repubblica Italiana afferma il principio che la pena ha fini di recupero e di reinserimento sociale.

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