Sempre più contagi in carcere, dobbiamo ridurre le presenze alla Dozza
Nelle carceri italiane, oltre alle carenze strutturali degli edifici, continua a essere allarmante il rischio concreto della diffusione del contagio, anche a causa del sovraffollamento e della carenza di personale della polizia penitenziaria e di educatori. In alcune carceri italiane, il sovraffollamento ha picchi del 200%. All'interno della Casa Circondariale di Bologna, alla Dozza, la capienza massima di 500 persone è ampiamente superata dalle circa 700 presenze.
Il carcere è una realtà in cui il rischio della diffusione del Coronavirus è molto alto: non è previsto il distanziamento sociale, impossibile da applicare nei casi di sovraffollamento: la distanza minima di un metro nelle celle non viene infatti rispettata. Il Garante delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna denuncia come siano almeno 50 i detenuti contagiati e sottolinea l’aggravamento della situazione epidemiologica, anche con alcune persone ricoverate all'esterno.
Il Provveditorato regionale sembra orientato a sospendere i nuovi ingressi presso l'istituto di Bologna, ma temo non sia una misura sufficiente. La situazione è grave e dobbiamo intervenire prima che l’epidemia entri dentro le carceri, causando problemi sanitari e di sicurezza sociale enormi per la nostra città e il Paese, aumentando la pressione per il nostro sistema sanitario nazionale.
La seconda ondata sta avendo un impatto decisamente più grave sul carcere rispetto alla prima. Bisogna ricorrere alle misure alternative e aumentare la detenzione domiciliare per le persone a fine pena, per rispondere sia alla crisi legata al sovraffollamento che all'epidemia Covid-19. Bisogna prevenire l'epidemia, non cercare rimedio dopo la diffusione del contagio.
In uno Stato democratico, vista l'emergenza del Coronavirus, l'amnistia e l'indulto sarebbe provvedimenti necessari.
Una riduzione delle presenze in carcere contribuirebbe positivamente ad affrontare la gestione sanitaria interna della prevenzione e dei focolai, favorendo migliori condizioni lavorative per gli operatori penitenziari e permettendo la prosecuzione in condizioni di sicurezza, delle attività lavorative e formative, di istruzione, culturali o sportive.
Serve una politica di decarcerizzazione, per la tutela del diritto alla salute di detenuti e degli operatori penitenziari.
Il Comune di Bologna, insieme all'Asl e alla direzione della Casa Circondariale, ma anche al comitato locale per la sicurezza, deve programmare test sierologici e tamponi da destinare a tutto il personale penitenziario e a tutte le detenute e i detenuti, al fine di effettuare un costante monitoraggio della situazione. E dobbiamo perseguire l'obiettivo di riduzione delle presenze in carcere, anche partendo dalle persone che presentano maggiori fragilità, affinché possa essere garantita l'efficacia degli interventi di prevenzione e di contenimento della diffusione del contagio, in un'ottica di tutela della salute pubblica.