Migranti: la strage delle donne

La strage di Lampedusa del 2013 era già stata definita "senza precedenti" per numero di vittime: 366 i corpi senza vita imprigionati in fondo al mare. Ma quello che è accaduto ieri è una nuova tragedia dell'umanità. L’ultimo dramma di una lunga serie: la nave militare spagnola Cantabria è giunta al porto di Salerno con 26 donne morte. Le vittime si trovavano su un barcone affondato in acque internazionali a largo delle coste libiche. Tra le persone sbarcate, anche 9 donne in stato di gravidanza.

Solo pochi giorni fa, proprio per ricordare la tragedia che si è consumata nel 2013 nel Canale di Sicilia, abbiamo celebrato il 3 ottobre in tutta Europa la “Giornata della memoria e dell'accoglienza”, per ricordare tutte le vittime dell’immigrazione.

Dobbiamo chiederci cosa stiamo facendo e cosa possiamo fare per organizzare il salvataggio dei profughi, per costruire un sistema di solidarietà e accoglienza europeo in grado di rispondere concretamente al dramma dei migranti.

Se non vogliamo essere complici di questa strage a pochi km dalle nostre coste, è necessario costruire un'Europa solidale e un vero sistema di accoglienza per chi fugge da fame e guerre. Un sistema per accompagnare le persone verso una situazione di legalità.

Dobbiamo anche dire la verità, l’attività di contrasto non ha fermato l’attività dei trafficanti di esseri umani e i campi profughi libici sono dei veri e propri “lager”. È illusorio pensare che l’Europa possa risolvere il problema degli sbarchi delegandone la soluzione ai paesi nordafricani. Il flusso non si arresterà fino a quando non verranno risolti i conflitti che sono all’origine delle guerre in Medio Oriente e fino a quando non saremo in grado di migliorare e garantire condizioni di vita dignitose per il sud del mondo.

Consapevoli quindi della situazione drammatica che vivono migliaia di persone in Medio Oriente, l’Unione Europea deve lanciare una grande operazione di soccorso in mare al largo della Libia e garantire canali legali di accesso a tutti i profughi in fuga da guerre e persecuzioni, persone che non hanno altra possibilità che salire sui barconi della speranza.